Il travisamento dei fatti nel sistema disciplinare
di Mario FRESA
L’art. 2, primo comma, lett. h) prevede come illecito disciplinare il travisamento dei fatti determinato da negligenza inescusabile.
La nozione di travisamento del fatto è conosciuta nel campo del diritto amministrativo con riferimento alla categoria dell'eccesso di potere ed ha rilevanza ai fini della impugnabilità dell'atto amministrativo se la statuizione si fonda sul travisamento del fatto, nel senso che essa non sarebbe stata presa nei termini dati se i fatti affermati come esistenti non lo fossero stati, ovvero se i fatti affermati come esistenti lo fossero stati. Un travisamento dei fatti senza rilievo ai fini della statuizione sarebbe comunque irrilevante e non potrebbe costituire motivo di impugnazione. La stessa nozione è conosciuta nel diritto processuale. Il travisamento del fatto costituisce infatti motivo di impugnazione delle sentenze sotto il profilo dell'omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione; in particolare esso è motivo di impugnazione per revocazione ai sensi dell'art. 395 n. 4 c.p.c.1
Sul piano disciplinare, la nozione di travisamento del fatto comunemente individuata in dottrina2 è quella della erronea ricostruzione del fatto per effetto della mancata valutazione di circostanze inconfutabilmente risultanti dagli atti processuali e, in particolare, dalle prove inequivocabilmente acquisite.
Si tratta di un concetto non necessariamente sovrapponibile con quello utilizzato dalla giurisprudenza penale e civile in sede processuale. E’ opportuno, tuttavia, richiamare i più recenti approdi della Suprema Corte nei due rami del diritto, utili a definire l’ambito ed i limiti del sindacato sul travisamento del fatto in sede di legittimità.
In sede penale, è stato affermato che il ricorso per cassazione che deduca il travisamento (e non soltanto l'erronea interpretazione) di una prova decisiva, ovvero l'omessa valutazione di circostanze decisive risultanti da atti specificamente indicati, impone di verificare l'eventuale esistenza di una palese e non controvertibile difformità tra i risultati obiettivamente derivanti dall'assunzione della prova e quelli che il giudice di merito ne abbia inopinatamente tratto, ovvero di verificare l'esistenza della decisiva difformità, fermo restando il divieto di operare una diversa ricostruzione del fatto, quando si tratti di elementi privi di significato indiscutibilmente univoco.3
In sede civile, la denuncia di un errore di fatto, consistente nella inesatta percezione da parte del giudice di circostanze presupposte come sicura base del suo ragionamento, in contrasto con quanto risulta dagli atti del processo, non costituisce motivo di ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 360 n. 5, ma - come si è detto - di revocazione ai sensi dell'art. 395 n. 4 c.p.c.4
Anche in sede di impugnazione dinanzi alle Sezioni unite civili di sentenze in materia disciplinare sono stati enunciati gli stessi principi. Sicché, è stato affermato nel sistema abrogato che “Avverso i provvedimenti disciplinari a carico di magistrati, l'art. 37 del R.D.Lgs. 31 maggio 1946 n. 511 prevede il rimedio straordinario della revisione del procedimento disciplinare nell'ipotesi in cui risulti che la decisione fu determinata da errore di fatto, per tale intendendosi la svista obiettivamente ed immediatamente rilevabile che abbia portato ad affermare o a supporre l'esistenza di un fatto decisivo incontestabilmente escluso dagli atti o dai documenti della causa disciplinare. Pertanto, è inammissibile il ricorso per cassazione con il quale si affermi che la decisione impugnata sarebbe incorsa in un travisamento del fatto, in quanto con esso viene denunciato, in sostanza, un errore di fatto che avrebbe dovuto essere oggetto di un'autonoma impugnazione per revisione innanzi alla Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, e non di ricorso per cassazione”.5
In tema di responsabilità disciplinare degli avvocati, è stato pure affermato che il vizio di motivazione che può essere fatto valere in sede di legittimità è soltanto quello riconducibile all'art. 360 n. 5 c.p.c., ossia quello che si traduca in omissioni, lacune o contraddizioni incidenti su punti decisivi dedotti dalle parti o rilevabili d'ufficio, senza che la deduzione del suddetto vizio possa essere intesa ad ottenere un riesame delle prove e degli accertamenti di fatto, o un sindacato sulla scelta discrezionale del Consiglio dell’ordine in relazione al tipo ed alla entità della sanzione, ovvero a denunciare un travisamento di fatto, col diverso rimedio della revocazione.6
Il travisamento dei fatti che può determinare la responsabilità disciplinare del magistrato non è dunque assimilabile ad un vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, quanto piuttosto ad una inconciliabile contraddittorietà, emergente in maniera inequivoca, tra il provvedimento giurisdizionale reso e le risultanze degli atti e le relative prove acquisite. Esso è quindi assimilabile ad un errore di fatto (nella valutazione delle prove) e non ad un errore di diritto che, in sede civile, potrebbe determinare soltanto un vizio impugnabile con revocazione, ai sensi dell’art. 395 n. 4 c.p.c..
Il travisamento del fatto rilevante in sede disciplinare si concreta quindi in un errore di fatto risultante dagli atti o documenti del processo o, in senso più lato, del procedimento, ben potendosi rinvenire comportamenti suscettibili di essere sanzionati in sede disciplinare che si concretano in errori di fatto connessi ad attività di volontaria giurisdizione o, comunque, a procedimenti amministrativi che il magistrato svolge nell’esercizio delle funzioni.
L’errore vi è quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita.7
Non sembra però che costituisca un elemento costitutivo dell’illecito disciplinare, la circostanza che il fatto abbia costituito un punto controverso e decisivo nella soluzione adottata. In realtà, poiché - come si è detto - in sede disciplinare quel che rileva è il comportamento del magistrato, deontologicamente scorretto e posto in essere in violazione dei doveri di cui all’art. 1 d.lgs. n. 109 del 2006, anche il travisamento del fatto non controverso o non decisivo può avere rilievo disciplinare, se è la conseguenza della violazione di doveri di correttezza, diligenza, riserbo o del mancato rispetto della dignità della persona.
Ciò che deve rilevare, ai fini della configurabilità dell’illecito disciplinare, è comunque la “gravità” del travisamento, che deve essere determinato non da semplice negligenza, ma da negligenza “inescusabile”, come in tutte le fattispecie tipiche che sanzionano gli errori del magistrato nell’attività procedimentale.8
Si è ritenuto generico e privo di fondamento l'addebito di travisamento del fatto, connesso alla contestazione di omesso studio dei fascicoli, perché l'illecito ipotizzato presuppone una falsa rappresentazione della realtà in un provvedimento giurisdizionale e non una inadeguata preparazione alla camera di consiglio.9
Ugualmente, è stata esclusa la responsabilità disciplinare in una fattispecie connesso a procedimento esecutivo in cui non è risultato emergere con certezza il travisamento delle risultanze processuali.10
Non risulta che le Sezioni unite della Corte di cassazione abbiano sinora deciso in ordine alla fattispecie tipica di cui alla lett. h) del d.lgs. n. 109 del 2006.
Con riferimento al sistema disciplinare abrogato, invece, si rinviene un caso, relativamente recente e deciso alla stregua della disciplina transitoria in applicazione dell’art. 18 r.d.lgs. n. 511 del 1946, che concerneva una fattispecie di reiezione di un provvedimento di riapertura di un fallimento, in cui era stata ravvisata la responsabilità disciplinare del magistrato fallimentare incolpato (che aveva contribuito in modo determinante alla conseguente deliberazione collegiale) non già nel fatto che con detto provvedimento si fosse potuto eventualmente violare l'art. 121 legge fallimentare, bensì nella inescusabile negligenza che in esso si era manifestata, perché fondato su presupposti inesistenti, adottandosi in proposito una motivazione solo apparente e basata su un macroscopico travisamento dei fatti. La Corte di cassazione ha ritenuto legittima la responsabilità disciplinare affermata dalla Sezione disciplinare ed ha rigettato il ricorso.11
Quanto alla Sezione disciplinare, è stato escluso il travisamento del fatto nella condotta di un sostituto procuratore della Repubblica che, dopo aver contattato almeno uno degli appartenenti alla polizia giudiziaria i quali avevano eseguito un arresto in flagranza di reato, nonché un collega esperto, aveva emesso un decreto di immediata liberazione ai sensi dell'art. 389 c.p.p. nel quale aveva proceduto ad una valutazione degli elementi acquisiti opinabile, ma non affetta da errore macroscopico o da grave ed inescusabile negligenza.12
Ancora, in altra fattispecie, la Sezione disciplinare ha escluso la sussistenza dell'illecito disciplinare con riferimento al comportamento di un pubblico ministero che aveva emesso un decreto di citazione a giudizio nei confronti di un indagato sulla base di una dichiarazione autoaccusatoria del medesimo non risultante in atti, essendo emerso che il capo di imputazione in realtà si basava su una dichiarazione testimoniale, il cui giudizio di attendibilità sfugge al sindacato del giudice disciplinare, per cui non si sarebbe determinato un travisamento del fatto dovuto a negligenza inescusabile.13
Si rinvengono anche nel sistema vigente alcune pronunce rese sul tema dalla Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura.
Si è ritenuta non configurare l’illecito disciplinare, per travisamento dei fatti determinato da una negligenza inescusabile, la condotta del magistrato che abbia ritardato nel compiere alcune attività di indagine a seguito della presentazione di una querela, in quanto tale scelta era stata determinata da una ragionevole valutazione sulla infondatezza della notizia di reato e nella prospettiva di una possibile conciliazione tra le parti processuali, nell’ambito di una disciplina che prevedeva termini di prescrizione molto lunghi, poi successivamente ridotti. La Sezione disciplinare ha ritenuto che l’errore commesso non potesse ritenersi inescusabile, essendo quest’ultimo individuabile, nell’ambito di comportamenti rientranti nella libertà di scelta giurisdizionale, in quello non collegato con la realtà processuale in concreto esaminata e, alla luce di questa, inspiegabile.14
Va sottolineata una pronuncia interlocutoria del giudice disciplinare che, nel rigettare la richiesta di non luogo a procedere della Procura generale, in relazione all’addebito di cui all’art. 4, primo comma, lett. d), ha invece ravvisato una possibile ipotesi di travisamento dei fatti determinato da negligenza inescusabile ed ha rimesso gli atti al Procuratore generale.15
Si è ritenuta invece configurare l’illecito disciplinare in esame la condotta del pubblico ministero che, non leggendo attentamente gli atti processuali, aveva disposto la citazione diretta a giudizio dinanzi al tribunale di una persona, coniuge in seconde nozze del defunto marito, per il delitto di truffa aggravata continuata (per aver taciuto all'INPS l'esistenza del pregresso vincolo di coniugio del de cuius con un’altra persona, coniuge divorziata del de cuius ed avere così conseguito l'ingiusto profitto della percezione dell'intero importo della pensione di reversibilità erogatale dall'INPS), nonostante la condotta artificiosa contestatale nel decreto di citazione risultasse già documentalmente smentita dalle emergenze probatorie contenute nel proprio fascicolo del pubblico ministero: “Integra l’illecito disciplinare nell’esercizio delle funzioni per travisamento dei fatti determinata da negligenza inescusabile la condotta del magistrato del pubblico ministero il quale disponga la citazione diretta a giudizio di un indagato, nonostante la condotta delittuosa contestata nel decreto di citazione sia inequivocabilmente e documentalmente smentita dalle risultanze probatorie contenute nel fascicolo del medesimo magistrato”.16
Si è più recentemente configurato l’illecito in esame nella condotta del magistrato che aveva dichiarato, contrariamente alla realtà, che una causa di opposizione all’esecuzione non era stata iscritta a ruolo, determinando in tal modo l'adozione di un provvedimento viziato e produttivo di effettivi negativi per la parte opponente.17
CSM, sez. disc., 26 ottobre 2012 n. 18/2013.
V. FANTACCHIOTTI, Profili sostanziali: le infrazioni disciplinari e le relative sanzioni, in La responsabilità disciplinare nelle carriere magistratuali, Milano, 2010, 185.
3 Cass. pen., sez. quarta, 1° marzo 2011 n. 14732; cfr. anche Cass., sez. pen., sez. sesta, 18 novembre 2010 n.8342; sez. seconda, 17 ottobre 2007 n. 38915.
Cass. civ., sez. quinta, 29 luglio 2011 n. 16659; Cass. sez. terza 19 febbraio 2009 n. 4056; v. anche Cass., sez. prima, 3 agosto 2007 n. 17057; sez. terza, 16 maggio 2006 n. 11373; sez. terza, 10 marzo 2006 n. 5251.
6 Cass. civ., sez. un., 15 marzo 1999 n. 130, ove la questione posta alla sua attenzione riguardava l'accertamento dell’intenzione dell’avvocato sanzionato di appropriarsi delle somme dello studio legale e dell'esistenza dello stato di confusione amministrativa e contabile dello studio, tale da giustificare il comportamento dell’avvocato medesimo.
Cfr, CSM, sez. disc., 11 aprile 2014 n. 87 che ha configurato l’illecito in questione in fattispecie in cui il pubblico ministero aveva prospettato, per negligenza, nell'espletamento delle indagini una ipotesi di reato diversa da quella che incontestabilmente emergeva dagli atti del fascicolo processuale.
Cfr. CSM, sez. disc., ord. 18 marzo 2013 n. 47 in fattispecie in cui è stata esclusa la inescusabilità del travisamento del fatto da parte del magistrato quando detto travisamento sia contenuto nel rapporto dei Carabinieri delegati per l’acquisizione di tabulati telefonici. Per una ipotesi di plausibilità dell’interpretazione che ha determinato il travisamento del fatto v. CSM, sez. disc., ord. 14 marzo 2013 n. 42.
CSM, sez. disc., 25 ottobre 2013 n. 140.
CSM, sez. disc., ord. 4 febbraio 2014 n. 21.
Cass., sez. un., 27 luglio 2007 n. 16626, che in particolare ha rigettato il ricorso proposto dal magistrato fallimentare sanzionato con l'ammonimento, rilevando la correttezza e l'adeguatezza della motivazione della sentenza impugnata in relazione ai plurimi addebiti disciplinari ascritti all'incolpato, consistiti nella indebita pressione esercitata su un curatore, con successiva proposta della sua revoca a fini ritorsivi, nell'aver colpevolmente ignorato una serie di segnalazioni di altro curatore relativi al compimento di atti, da parte di una cooperativa poi dichiarata fallita, intesi a sottrarre, nell'imminenza del fallimento, il proprio patrimonio alla soddisfazione dei creditori, e, infine - appunto - nell'aver contribuito, con la sua condotta, alla emanazione di un provvedimento collegiale di rigetto della istanza di riapertura del fallimento di una società sul presupposto, dimostratosi falso, dell'inesistenza di attivo.
CSM, sez. disc., 26 settembre 2008 n. 101 in fattispecie in cui l'incolpato aveva escluso la insussistenza di atti idonei ad integrare la fattispecie del tentativo di incendio sulla base dell'esposizione dei fatti contenuta negli atti trasmessi dalla polizia giudiziaria.
CSM, sez. disc., 22 settembre 2006 n. 141, la quale ha pure precisato che l'accertamento del comportamento negligente postula l'accurata disamina delle circostanze di fatto in cui il magistrato si sia trovato ad operare, della novità e difficoltà delle problematiche giuridiche affrontate, dello stato della giurisprudenza e della dottrina, della motivazione che il provvedimento contenga a giustificazione della soluzione adottata, così da potersi concludere per l'indiscutibile inadempimento, da parte dell'incolpato, dei suoi doveri di ufficio, mentre l'impiego di cultura e diligenza media avrebbe consentito di evitare l'errore.
14 CSM, sez. disc., 26 giugno 2009 n. 88, che ha pure sottolineato la circostanza che il giudice competente aveva rigettato la domanda di risarcimento dei danni avanzata ai sensi della legge n. 117 del 1988 per infondatezza della stessa; cfr. anche CSM, sez. disc., 5 giugno 2009 n. 80.
CSM, sez. disc., ord. 10 maggio 2012 n. 59.
16 CSM, sez disc., 20 settembre 2012 n. 130, che ha irrogato al magistrato incolpato la più lieve sanzione dell’ammonimento, confermata da Cass., sez. un., 29 marzo 2013 n. 7934.
17 CSM, sez. disc., 26 ottobre 2012 n. 18/2013, cit., che ha ritenuto il travisamento del fatto in tal caso decisivo ai fini dell'adozione del provvedimento.